Ricercatori dell’Università di Toledo hanno riscontrato una correlazione tra tumore al fegato e dieta ricca di fibre altamente raffinate.
Sembrerebbe che seguire una dieta ricca di fibre raffinate aumenti il rischio di insorgenza di cancro al fegato specialmente in alcune categorie di cittadini. La ricerca è stata pubblicata su Gastroenterology.
Il fegato è un organo di fondamentale importanza per il corpo umano. Rimuove le sostanze di scarto del sangue, produce la bile ed enzimi indispensabili per la digestione. Una proliferazione incontrollata delle cellule all’interno dell’organo provoca un tumore al fegato. Parliamo del sesto tumore più diffuso a livello mondiale e la seconda causa di morte per neoplasia. In Italia non è tra i tumori più comuni. In un anno ne sono diagnosticati circa 8.900 negli uomini e 4 mila nelle donne. La frequenza aumenta con il crescere dell’età anagrafica.
Più frequenti sono i tumori secondari al fegato, le metastasi che provengono da altri organi. Tra le cause di rischio riscontrate le infezioni croniche, la cirrosi, le aflatossine (sostanze che si sviluppano in alcune muffe), l’obesità, il fumo e malattie a genesi autoimmune. In fase iniziale questo tumore – come tanti altri – è asintomatico. Solo quando la malattia si diffonde iniziano a manifestarsi sintomi. Da qui l’importanza della prevenzione.
I cibi arricchiti di fibre sono assunti da chi vuole perdere peso o per prevenire malattie croniche come il diabete. In generale non hanno conseguenze negative tranne in alcune persone, specialmente quelle con deformità vascolari silenti. I ricercatori dell’Università di Toledo (Spagna) sono giunti alla conclusione che il tumore al fegato sia collegato proprio ad una dieta ricca di fibre altamente raffinate.
La ricerca è stata condotta su animali da laboratorio. Quelli che assumevano inulina – carboidrato presente in molti alimenti di origine vegetale – in un caso su dieci sviluppavano un tumore al fegato. Conducendo altre ricerche si è scoperto come tutti gli animali da laboratorio con alte concentrazioni di acidi biliari nel sangue dovute a difetti congeniti non evidenziati (shunt portosistemici) sviluppavano neoplasie maligne.
Lo shut portosistemico (raro nell’uomo) devia il sangue dall’intestino e non lo fa passare per il fegato. L’organo produce una costante sintesi di acidi biliari che entrano in circolo invece di andare nell’intestino. Questo sangue deviato contiene, secondo i ricercatori, alti livelli di prodotto microbici che possono stimolare il sistema immunitario e provocare l’infiammazione che a sua volto causerebbe una minore capacità dell’organismo di rilevare e uccidere le cellule tumorali.
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