Il trapianto di fegato è necessario per i pazienti che sono in pericolo di vita a causa di malattie del fegato che non sono ulteriormente trattabili con terapia medica.
La malattia più comune che può determinare questa necessità è la cirrosi, ovvero la trasformazione strutturale del fegato conseguente alla morte degli epatociti, le cellule del fegato. La cirrosi causata da epatite C è l’indicazione più comune al trapianto di fegato.
Altre condizioni che possono richiedere il trapianto del fegato sono:
Poiché il numero di coloro che hanno bisogno di un trapianto è di gran lunga maggiore rispetto alla disponibilità di organi sani da trapiantare, la decisione avviene sulla base di criteri medici estremamente rigorosi che valutano la possibilità del paziente di trarre un effettivo giovamento dalla procedura. Il processo di valutazione prevede lo studio della funzionalità di organi e apparati vitali quali quello cardio-circolatorio, polmonare, neurologico, per evitare i rischi operatori correlati alla presenza di altre gravi patologie. Una volta considerato idoneo, il paziente viene inserito formalmente in una lista d’attesa. La lista d’attesta segue criteri di priorità in base allo stato di malattia dei pazienti e consente a quelli più gravi di avere la precedenza.
La tempistica con cui avviene un trapianto di fegato è molto variabile. I tempi di attesa dipendono da diversi fattori:
Per le persone che sviluppano un’insufficienza epatica acuta viene attivato un sistema di emergenza che può consentire un reperimento di un organo idoneo nell’arco di ore o giorni. I pazienti la cui condizione è meno grave e comunque ancora gestibile con terapie farmacologiche possono rimanere in lista di attesa per diversi mesi.
Il trapianto di fegato può essere effettuato o da donatori deceduti o da donatori viventi.
In entrambi i casi, il tipo di gruppo sanguigno e le dimensioni corporee sono i fattori più importanti nel determinare se un fegato donato può essere compatibile per il paziente.
Per quanto riguarda la donazione da cadavere è bene ricordare che il prelievo degli organi avviene solo a partire dal momento in cui viene dichiarata la morte cerebrale, previo consenso da parte dei familiari che hanno la facoltà di concedere o negare l’autorizzazione alla donazione. Legalmente possono dare il consenso alla donazione degli organi:
Il trapianto di fegato da donatore vivente è una procedura chirurgica che prevede il prelievo di una parte di fegato da un donatore sano e il successivo trapianto in un paziente malato. L’operazione è fattibile, poiché il fegato è l’unico organo che può rigenerarsi. Sia il segmento donato al paziente malato che e la restante parte di fegato del donatore cresceranno e raggiungeranno dimensioni normali nel giro di poche settimane.
I donatori viventi sono, in Italia, per definizione, parenti del paziente (coniugi o consanguinei): questo limita il rischio di attività commerciali legate a questa procedura.
Un trapianto di fegato dura tra le 6 e le 12 ore. Durante l’operazione, i medici rimuovono il fegato malato e lo sostituiscono con il fegato donato. Dopo l’intervento chirurgico, la maggior parte dei pazienti rimane in ospedale per un massimo di tre settimane.
I maggiori rischi associati al trapianto di fegato sono i casi di rigetto o di infezione. Il rigetto rappresenta una reazione dell’organismo contro qualcosa che non riconosce come proprio.
L’organo trapiantato viene riconosciuto come un “corpo estraneo” dal sistema immunitario e pertanto viene attaccato così come se fosse un virus. Per prevenire il rigetto, è sempre prescritta la necessità di assumere farmaci che bloccano l’attacco del sistema immunitario verso l’organo trapiantato.
La maggior parte dei fenomeni di rigetto o infezione avviene entro il primo anno dall’intervento e richiede nuova attenzione medica. Va inoltre sottolineato che il rischio di infezioni è anche collegato al fatto che le terapie anti rigetto indeboliscono il sistema immunitario, rendendolo quindi più vulnerabile all’azione di virus e batteri: questo tipo di aggressione può per fortuna essere controllato, la maggior parte delle volte, con terapie apposite.
Dopo il primo anno, i rischi diminuiscono esponenzialmente e si prevedono visite di controllo con cadenza annuale presso l’ospedale dove è stato effettuato il trapianto.
I più comuni effetti collaterali sono causati dai farmaci utilizzati per trattare o prevenire il rigetto. Gli effetti collaterali comprendono ritenzione dei liquidi, aumento della pressione sanguigna, mal di testa, diarrea, nausea e diabete. La gravità degli effetti collaterali varia a seconda dei pazienti e conseguentemente anche il trattamento è individuale.
La maggior parte dei pazienti può tornare ad avere un normale stile di vita tra i sei e i 12 mesi successivi al trapianto di fegato avvenuto con successo. Per mantenersi sani è comunque di vitale importanza mantenere una dieta equilibrata, fare regolarmente esercizio fisico e assumere i farmaci prescritti
La prospettiva futura per i pazienti sottoposti a trapianto di fegato, si può esprimere dopo cinque anni dall’intervento. Questo periodo infatti è considerato un periodo finestra nel quale la ripresa della funzionalità epatica consente di effettuare previsioni più a lungo termine. Oggi si è giunti ad ottimi risultati per cui il 75% dei pazienti trapiantati gode di buona salute a distanza di 5 anni dall’intervento. I dati sono ancora migliori per coloro che hanno avuto l’opportunità di ricevere un trapianto da donatore vivente.
La cosa più importante e preziosa che chiunque può fare è quella di registrarsi come donatori di organi. Per saperne di più sulla Donazione di Organi e Tessuti e su Come diventare donatori potete visitare il sito del Centro Nazionale Trapianti.
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